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Anziani e Salute Mentale nel 2024: a che Punto Siamo nel Capire e Affrontare la Demenza Senile

Anziani e Salute Mentale nel 2024: a che Punto Siamo nel Capire e Affrontare la Demenza Senile

Ogni stagione della vita è caratterizzata da cambiamenti più o meno significativi; il corpo si trasforma e con lui anche gli organi non visibili ad occhio nudo come il cervello.

Anno dopo anno il corpo subisce una lenta trasformazione e questa trasformazione si acuisce ancor più durante la vecchiaia.

La cosiddetta “demenza senile” si riferisce ad una degenerazione delle attività intellettive della persona che perde lentamente la propria autosufficienza in un inarrestabile declino.

Iniziamo col dire subito che “vecchiaia” non significa automaticamente demenza senile. Ci vengono in aiuto esempi di brillanti scrittori ultraottantenni con una mente fresca e attiva nonché anziani con una memoria di ferro e completamente autosufficienti.

Spesso si sente parlare erroneamente di demenza senile e malattia di Alzheimer utilizzando queste due parole come sinonimi; in realtà la malattia di Alzheimer può essere una delle cause di demenza senile (attualmente nel 60-70% dei casi, secondo le ultime ricerche del 2023); un’altra causa può essere l’arteriosclerosi cerebrale, in altri casi ancora la malattia è causata sia dalla presenza di Alzheimer che di lesioni ischemiche.

I segni e sintomi della malattia sono molti e variano a seconda dello stadio di avanzamento.

Uno fra tutti, forse il più palese, è la lenta perdita di memoria. Attenzione però, difficoltà di memoria non significa automaticamente demenza senile; infatti, oltre che da fattori biologici, questa può essere causata anche da uno stile di vita privo di stimoli. Molti anziani purtroppo, loro malgrado, si ritrovano soli ed emarginati. Dovrebbe essere compito dei famigliari non lasciarli soli in questa delicata fase della vita, che, con le giuste accortezze, può essere ancora vissuta appieno.

L’evoluzione tecnologica ha portato a soluzioni innovative come app per il monitoraggio della salute, sistemi di teleassistenza e dispositivi intelligenti per la casa, che possono migliorare la qualità della vita degli anziani e mantenere la loro indipendenza. Quest’anno in cui scriviamo, il 2024, si apre inoltre con le più grandi speranze e attese verso i recenti progressi dell’Intelligenza Artificiale, che può dare un grande aiuto anche nel campo scientifico e della ricerca.

Tornando però a quelle giuste accortezze a cui accennavamo, ci sono tante cose disponibili oggi e ampiamente collaudate, senza attendere innovazioni futuristiche: pensiamo ad esempio ai montascale o alle piattaforme elevatrici che permettono anche a una persona in carrozzina di accedere ai piani superiori delle abitazioni dove solitamente si trovano le camere da letto. Una certa autonomia e stimoli intellettuali e culturali da parte della famiglia possono aiutare concretamente il rallentamento della malattia e dell’invecchiamento.

Quando nello specifico parliamo di demenza senile ne possiamo individuare tre stadi: uno iniziale, uno intermedio e uno più avanzato.

In media tra lo stadio iniziale e quello avanzato passano circa 7/10 anni e i sintomi più evidenti, oltre alla perdita di memoria come abbiamo già accennato, sono: disturbi della personalità, incapacità di riconoscere le persone, difficoltà a deambulare, difficoltà di equilibrio, fatica a deglutire, problemi nell’uso del linguaggio e nel ragionamento.

Ad oggi, nonostante la malattia non sia ancora curabile, le ricerche continuano a progredire. Recentemente, sono stati identificati nuovi bersagli terapeutici e approcci innovativi nel trattamento dei sintomi, inclusi trattamenti personalizzati basati sulla genetica e sulla biologia individuale del paziente. I recenti sviluppi dell’Intelligenza Artificiale, come dicevamo più sopra, potranno probabilmente aiutare la ricerca ad accelerare nella direzione di nuove scoperte.

Le cure farmacologiche agiscono perlopiù sui sintomi attraverso l’uso di integratori, antidepressivi, vitamine antiossidanti, farmaci inibitori dell’acetilcolinesterasi, memantina che agisce sul sistema glutamminergico.

Ovviamente questi sono solo alcuni esempi a scopo esplicativo dei vari farmaci utilizzati nel decorso della malattia, a seconda poi del tipo di demenza e dello stadio di avanzamento sarà compito dei medici stabilire la terapia più appropriata.

Negli ultimi anni, gli scienziati hanno scoperto che stili di vita attivi, incluse attività fisiche regolari e un’alimentazione equilibrata, possono avere un impatto significativo nel ritardare l’insorgenza della demenza. Inoltre, l’impatto della pandemia di COVID-19 ha portato a una maggiore consapevolezza sull’importanza dell’interazione sociale e del supporto emotivo per la salute cognitiva degli anziani.

Una curiosa scoperta è stata fatta a proposito della caffeina.

All’interno dei neuroni infatti vi sarebbe un enzima che viene potenziato grazie all’assunzione di caffeina e che va a bloccare l’accumulo delle cellule tossiche che sono la causa dell’Alzheimer.

Lo studio è stato svolto da alcuni ricercatori dell’università dell’Indiana che hanno testato più di 1300 sostanze per vedere quali fossero in grado di stimolare l’attività dell’enzima NMNAT2 (l’enzima che protegge appunto i neuroni dalla loro degenerazione) e tra queste sostanze ne hanno individuate 28 tra cui appunto la caffeina. Dagli studi svolti sembra infatti che 2-3 tazzine di caffè al giorno possano prevenire la demenza.

Nell’ormai lontano 2014 la rivista Nature Neuroscience aveva peraltro già pubblicato un articolo riguardo uno studio svolto da alcuni ricercatori americani che avevano dimostrato come l’assunzione di caffeina andasse ad influire positivamente sulla memoria.

Ovviamente si tratta di ricerche molto recenti e la strada per trovare cure effettive alle varie forme di demenza è ancora lunga ma sicuramente gli studi in questo senso stanno facendo passi da gigante.

 

 

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